Volevo un ultimo bacio - Maddalena Malcangio
Nuove ‽enne

Volevo un ultimo bacio – Maddalena Malcangio

Riflettere oggi sui tempi del Covid-19 è un esercizio doloroso e complesso che ci riporta indietro a un periodo che ha lasciato un’impronta indelebile nella nostra storia.

Una parentesi che noi tutti vorremmo dimenticare…

In quei mesi oscuri e incerti, il mondo si è trovato a fronteggiare una pandemia globale, un nemico invisibile che ha scosso le fondamenta delle nostre vite e della nostra società.

Leggendo o riflettendo su questa fase tumultuosa, ci rendiamo conto di quanto sia cambiato il nostro modo di vivere e di vedere il mondo. Il Covid-19 ci ha costretto a riconsiderare tutto, dai gesti quotidiani alle priorità nella vita. Ha fatto emergere il nostro lato più vulnerabile e ci ha spinti a trovare nuove forme di resilienza.

 

“Non bussare alle porte a me care,

corri lontano senza mai giungere a meta.

Un nonno privato dei nipotini,

una mamma abbraccia solo con lo sguardo,

un figlio vede negato l’ultimo saluto a suo padre.

Malati in completa solitudine,

anziani abbandonati,

bambini rinchiusi nel silenzio.

Donne incinte soffocano dentro una mascherina

il ruggito della vita, con il mondo a distanza da sé.

Non baciarmi,

tienimi a distanza.

Soprattutto tu,

virus malefico.”

 

Con queste riflessioni, torniamo indietro ai giorni in cui le città erano silenziose, le strade deserte e gli abbracci vietati. Ricordiamo i momenti di paura, di disorientamento e di isolamento.

In questo, a tre anni dall’esplosione della pandemia, “Volevo un ultimo bacio” si erge come un faro di consapevolezza, offrendoci una rara combinazione di rigore storico e profonda empatia.

L’autrice, con abilità magistrale, ci conduce attraverso un viaggio che abbraccia le sfide e le sofferenze dei tempi recenti con la precisione di un cronista e la comprensione e compassione di chi ha visto la tragedia da vicino.

Ci racconta la volontà di chi resta, la difficoltà della ripartenza dopo la perdita.

Una storia di sofferenza che ne racchiude tante, il volto di una realtà, quella di Marco e Dalia, una vita passata insieme e una proposta di matrimonio. Marco è un ciclista, un uomo brillante, attento e premuroso. Dalia, una ballerina, dotata di uno spirito leggero, solare, pronta a mettersi alla prova e a giocare. Una coppia che si regge su un equilibrio perfetto pronta a suggellarlo in una promessa di per sempre.

 

“Non è facile avere chimica e sintonia. Tante coppie consolidate sono ancora alla ricerca di questa alchimia, questa fusione di anima e corpo, profonda e simbiotica nei pensieri, nell’emozione, nei sentimenti. […] Sogno e realtà che si baciano come unico desiderio, come facce di una stessa moneta. Una felicità senza filtri. Un amore senza remore, senza quella maledetta paura di sbagliare in qualcosa, senza quel timore di poter rovinare tutto, senza rinunciare ad essere pienamente se stessi e spogliarsi completamente nei pensieri, nei progetti, nelle fragilità, nelle crisi, nei momenti di rabbia, nel mostrare e denudare vecchie cicatrici. […] Un’alchimia simile rimane immortale. Irripetibile. Indimenticabile. Infinito.”

 

La fine di questa storia ha una data: marzo 2020. La sfortuna bacia Marco. Contrae il Covid-19. La febbre diventa polmonite. Il suo respiro diventa una maschera per l’ossigeno. In tutta questa confusione arrivano poche notizie. C’è solo paura. Anzi, probabilmente, c’è anche della rabbia. Insomma, quante possibilità c’erano che colpisse lui?

Eppure, così è andata. Dalia riceve la telefonata. Quella che spiazza, arresta il cuore. Che tira un pugno all’anima.

 

“- Signora Dalia Rea?”

-Si, mi dica. Come sta Marco Grillo?”

-“La chiamo per comunicarle che è deceduto”.

Dalia urla straziata, si getta seduta al pavimento contro il muro incredula e sotto shock. Prontamente riprende il cellulare da terra –“Come? Non è possibile … non ha neppure quarant’anni, ci dobbiamo sposare tra un mese”.

“Condoglianze signora”. Viene chiusa la cornetta.

Dalia sprofonda in una tristezza deprimente, in una rabbia senza valvola di sfogo, si rimprovera il non essergli potuta stare vicino negli ultimi giorni della sua vita, il covid e gli operatori del pronto soccorso glielo hanno strappato via, senza neanche un saluto, un ultimo bacio. […]

La cerimonia funebre è permessa solo per pochi intimi, massimo quindici persone, e con durata breve, vietato abbracciarsi o stringersi la mano.

Lo Stato ha definito anche come vivere il dolore, il Covid ha rubato all’umanità tutto. Veder soffrire e rimanere immobili è di una bruttezza disumana. […]

Dare un ultimo saluto e poter vedere una persona cara morta, immobile, aiuta a lasciar andare a dargli un ultimo saluto …”

 

Le chiacchiere diventano ricordo, e il ricordo assume i mutevoli lineamenti del rimpianto, del dolore, dei silenzi, delle mancanze, dei grandi e incolmabili vuoti.

L’inatteso incontro con Aleandro apre nuovi inaspettati orizzonti di gioia, in una vita che richiede energia e lotta perenni, incagliata nell’irrefrenabile ricordo di un amore indissolubile di chi andandosene ha aperto una voragine….

La prosa della scrittrice è chiara e semplice. Ogni parola è scelta con cura, ogni frase è un quadro perfettamente dipinto, ogni capitolo è un canto epico alla condizione umana. La bellezza della scrittura è ulteriormente esaltata dall’approfondimento psicologico dei personaggi, che ci permette di immergerci nelle loro anime e di condividere le loro angosce e speranze con una profondità straordinaria.

Tramite una storia più che mai reale, vengono dipinti quadri emozionali che catturano la complessità e la profondità dei sentimenti legati alla perdita. L’angoscia, la rabbia, il senso di vuoto e la lotta per trovare consolazione emergono vividamente in ogni pagina, incisi con maestria dalla penna della scrittrice rafforzati dall’espressione diaristica utilizzata dalla protagonista e consolidati dall’arte figurativa della poesia che si deposita come una sospensione di riflessione ad intercalare i capitoli.

 

“Dove si compra la felicità? Sono stanca di piangere.

Mi manchi, mi manchi come l’aria. Sei con me ogni giorno, in tutto ciò che vedo.

Sei dolore che non passa, sei amore vero che resta.

Aiutami ad andare avanti, se esiste o no un mondo parallelo che hai abbellito con la tua presenza, per favore aiutami a convivere con questo dolore, ad apprezzare la vita, a capire perché Dio mi ha protetta da questo maledetto virus, perchè sono qui e tu non si sei?

Avevamo sogni, progetti, la vita davanti, ma tutto è andato in frantumi.

Dove vanno a finire le parole mai dette? Quelle che rimangono nel cuore o nella mente e che la separazione, volontaria o forzata, in un rapporto fa cadere nel pozzo della gola? Dove finiscono i sogni nel cassetto? Nell’oblio dei desideri inespressi o irrealizzati? E i baci non dati che fine fanno? Si accontentano di altre labbra o rimangono custoditi in eterno nell’anima?

Dopo la pioggia spunta l’arcobaleno, il sereno, i colori eppure ci si ritrova fradici d’acqua e infreddoliti …”

 

Le parole tra le pagine si fanno finestre che si aprono direttamente sui cuori dei personaggi.

Maddalena ci mette l’anima in questo libro e con la narrazione restituisce corpo a chi non c’è più, fa cadere una pioggia di fiori e compassione sui camion dell’esercito davanti al cimitero di Bergamo, ci ricorda i giorni della chiusura, dei canti dalla finestra, del tricolore al quale ci siamo aggrappati come segno, simbolo, identità mentre il mondo ci trattava da appestati.

Non è andato tutto bene, non per tutti, proprio no!

E la difficoltà della ripartenza dopo la perdita è un tema centrale di questa opera.

 

“Dio quanto mi manchi ogni giorno. Non riesco a gioire appieno di nulla; di un regalo, di un viaggio, di niente. Ho voluto fortemente un figlio per riempire il mio cuore di lui, ma passavano mesi, anni e tu eri lì.

Ne ho cercato un altro per sentirmi più completa, più appagata e rimpiccioliti il più possibile fino a buttarti totalmente fuori per mancanza di spazio. Ma tu non vai mai via.

Sei con me nella testa durante la gravidanza, durante gli anni che mi vedono trasformare da ragazza a donna, da donna a madre. Voglio cacciarti con tutta me stessa, ma non riesco, non ho ancor trovato la tattica giusta. E mi sento una cattiva madre e compagna per questo. Mi sento una ipocrita, una moglie a metà. Quanti anni devono ancora passare per poter ritornare ad amare con tutta l’anima senza sentire freni, avere ombre, vivere di fantasmi?

Con tutto l’amore che ho ti supplico di andarmi via dal cuore perché soffro il doppio nel vedere chi mi sta dedicando la vita da anni e non amarlo come vorrei e dovrei”.

 

La pandemia da Covid ha evidenziato nodi irrisolti della nostra civiltà: la morte in solitudine, la nostra fragilità, la nostra relazione con la natura. Siamo esseri fragili: quando tutto va bene, tendiamo a sentirci onnipotenti, ma basta un virus per vedere crollare tutte le nostre certezze e le nostre convinzioni. Abbiamo visto il volto del trauma e abbiamo visto morire in silenzio. Abbiamo visto gli occhi di chi muore da solo. In un’epoca che ha rifiutato la morte, dare dignità e calore a chi muore diviene l’estrema forma di cura, quando nulla è più possibile allo sforzo medico e alla scienza. Non si tratta di eroismo ma di semplice umanità, che appare come qualcosa di eccezionale in un mondo in tumulto. Restare con la morte significa dar valore alla vita: aver profondo rispetto per il momento della morte è un modo per custodire la vita stessa.

Leggendo queste pagine, ho percepito a pieno la pienezza e la fragilità della vita.

“Volevo un ultimo bacio” è dunque molto più di una mera narrazione dallo sfondo rosa; è una testimonianza, un memoriale scolpito nel tempo, un’ode alle vite perdute, una celebrazione della resilienza umana, un testo che invita a una riflessione profonda sul valore dello stare al mondo e delle relazioni umane.

Un richiamo alla compassione, alla solidarietà e alla responsabilità verso la comunità, un faro di saggezza e speranza nell’oscurità che tutti abbiamo attraversato.

“Volevo un ultimo bacio” è un testo necessario, perché testimonianza, prova di coraggio.

Un’opera da tenere con sè, leggere, rileggere, perché nel dolore e nella speranza contiene una lezione di vita indispensabile ancora oggi, proprio adesso che “siamo tornati alla normalità” e il Covid non fa più notizia anche se continua ad uccidere.

 

“Bisogna accogliere i sentimenti e le emozioni che vivono in noi, grazie ad essi noi siamo come siamo. La vita è in continuo divenire, ma i “frame” rimangono immutati negli anni e provocano la stessa emozione di quando l’abbiamo vissuta. […] L’amore abbellisce la vita, sappiate riconoscerlo e coltivarlo.”

 

Volevo un ultimo bacio - Maddalena Malcangio
Volevo un ultimo bacio - Maddalena Malcangio

 

EDITORE : Nuova Palomar (2023)

NUMERO DI PAGINE: 134

INTERVISTA ALLA SCRITTRICE

ARTICOLO SU TERNITODAY

ARTICOLO SU CORRIEREPL.IT

Ringrazio la scrittrice per la copia

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