Un bell'incontro
Blog,  Le chiacchiere del ...

Un bell’incontro

I begli incontri così mi piace affettuosamente definirli …

Sono incontri che regalano carezze e abbracci, riscaldano il cuore, accendono la giornata, incontri che colorano le ore di una tonalità calda, avvolgente, lucente e rassicurante; spesso sono dei delicati e profumati fiori di primavera che sbocciano nel deserto dei minuti, verdi oasi inaspettate dopo un lungo cammino e una arsura intensa, caldi raggi di sole di una fredda e timida giornata invernale. Sono manifestazioni di volti consumati, di sorrisi gioviali, di parole nuove che scaldano il cuore, ravvivano gli animi, che danno ristoro all’anima e infondono fiducia e coraggio. Sono una irruzione di Vita nella monotonia del tempo, nella tristezza dei giorni, nella pesantezza dei pensieri: persone “belle e profonde” che annullano le età, cancellano le diversità, accorciano le distanze, che ti invitano ad andare oltre, ad alzare lo sguardo, a vivere di meraviglia, più in profondità e con più intensità la tua precaria esistenza. Talvolta sono incontri occasionali, altre volte programmati, ma comunque portatori di una novità che non ti aspettavi, che ti sorprende e supera le tue aspettative.

Sono come fulmini elettrici, saette che si muovono furtive nel cuore cupo e tenebroso della notte: ti sorprendono non solo perché non ne avevi avuto alcuna avvisaglia, ma per l’intensità della loro luce. La stranezza di questi fenomeni non risiede solo nella loro spiccata imprevedibilità… non ti eri accorto che il cielo fosse diventato plumbeo né avevi udito richiami in lontananza che potessero annunciare lo scoppio del temporale… La cosa davvero sorprendente è il bagliore di cui sono capaci. Come potentissime e tenaci luminarie, rischiarano il cielo a giorno, con una intensità che, sebbene breve e fugace, acceca la vista, risvegliando l’istinto.

Ecco, certi incontri sono proprio così: folgori che illuminano e intrappolano lo scorrere naturale del tempo, attimi di puro e semplice accadimento in cui l’imprevedibilità della vita mostra il suo volto più reale, meno scontato, più profondo e misterioso.

Nella loro effimera durata questi incontri lasciano il segno, rimangono come impronte incancellabili nella memoria per giorni e giorni, estendendo a lungo il loro benefico effetto sulla vita.

Anzi, a dire la verità, questi incontri sono come un buon bicchiere di vino, bianco o rosso poco importa: ne apprezzi da subito la qualità, quando lo sorseggi lentamente; apprezzi il gusto, la corposità, il profumo ed il colore, la morbidezza o la gradazione intensa.

Tuttavia, è il loro retrogusto persistente che li rende così preziosi, unici; è quel delicato sapore di storia, di vissuto che percepisci in bocca quando il bicchiere è finito.

È singolare l’incontro: ci sono persone verso le quali misuri le parole, dosi i termini, centellini le espressioni e verso cui, talvolta senza neanche accorgerti, provi una inconsapevole ritrosia ed uno spontaneo e spassionato sospetto; e poi ci sono coloro verso i quali tutti questi pregiudizi o diffidenze si sciolgono come neve al sole e con i quali ti senti pronto a condividere i sussulti del tuo animo e le affezioni del tuo cuore.

Il bell’incontro, a volte, ha il tono leggero della conversazione informale, di quelle quattro interessanti chiacchiere fatte all’interno del giardino di una casa di riposo, che non hanno alcuna pretesa, nessuna stramba ambizione, se non quella di raccontare la vita, risvegliare e tramandare un passato, di offrire un sorriso, confronto e conforto, un piccolo rifugio per lo spirito, un momento di sospensione dalle preoccupazioni quotidiane, un tempo di rigenerazione e di ristoro, un godersi il tempo dell’ esserci, qui ed ora, come fosse una sosta lungo il viaggio, una pausa durante l’impervio cammino.

È sufficiente l’ascolto, la presenza dell’altro, il suo sedersi attorno allo stesso tavolo, il ricevere e donare attenzioni, fare una battuta, una risata, scambiarsi una preoccupazione ed una gioia… insomma sta tutto lì, inutile domandare altro o cercare altrove.

L’incontro tra le quattro mura di una casa di riposo è capace di regalarti momenti  talmente “normali” ed “inutili” ma così pregni e profondi di meraviglia da rieducarti al senso della vita, all’utilità delle piccole e grandi cose; fermi il tempo, impari i suoi segreti, lo rievochi, coltivi la semplicità, impari l’importanza del racconto, del tramandare, accarezzi la labile e fragile memoria che gioca a nascondino comunicando con i versi del grande Shakespeare, rivivi la povertà e il dolore di una guerra e la magia di una semplice cotoletta alla milanese, la forza e il coraggio di una donna, la fragilità di una famiglia… sfiori foto, disegni volti, accarezzi anime, tratteggi persone, caratterizzi personalità ….improvvisamente ti trasformi in un prezioso raccoglitore di storie, di vite, di piccoli aneddoti e unicità che così bene caratterizzano e differenziano l’animo umano, arrivi a toccare e ad assaporare la profondità della vita in ogni suo aspetto e a meravigliarti dei suoi colori, delle sue rassicuranti sfumature.

È sempre stimolante ed un po’ destabilizzante parlare con le persone anziane, con coloro che hanno alle spalle molta vita, molte esperienze, molti errori e molti successi, che nei loro lunghi anni ne hanno viste, vissute molte e di tutti i colori.

È gente navigata, che porta le rughe sul viso, come la testimonianza che gli anni hanno lasciato un segno, hanno impresso il loro corso sulla pelle e sull’anima; esibiscono con un timido sorriso il loro volto cadente e raggrinzito come il trofeo di molte vittorie e l’attestato del tempo trascorso. Guardano la vita con una saggia e ponderata distanza, con quello sguardo smaliziato e attendo che conosce tutte  le misure del mondo e come è fatto il cuore dell’uomo; sono disillusi di fronte agli entusiasmi superflui, superficiali, timidi troppi ne hanno già visti spegnersi velocemente e in modo inglorioso.

Vivono la vita con una straordinaria profondità, sentono i minuti scorrere inesorabili sulla loro pelle.

Mi è capitato di vederli commossi e partecipi per cose da poco, una foto, uno sguardo, una parola,  gesti quasi insignificanti ai più, ma che, ai loro occhi sapienti, rappresentavano un grande tesoro, una rarità… è come se osservassero la vita da una prospettiva che a te sfugge, che non riesci a cogliere, ad afferrare, ad intrappolare; osservano il mondo dall’alto dell’età raggiunta e dal basso delle difficoltà e delle miserie conosciute; sentono le altezze e le profondità del vivere e questo dona loro un occhio esperto, attento, acuto capace di guardare dentro le cose, dentro gli eventi, leggere nell’animo delle persone.

Forse la vita li pone, inevitabilmente, sempre più prossimi al mistero e questa vicinanza, questa quotidiana frequentazione, questo camminare sempre in bilico sulla linea di confine, li abilita a scorgere le tracce di questo mistero anche nella banale ordinarietà delle cose, nelle vite altrui.

Questi incontri sono momenti di grazia, di rara bellezza, sono gocce di balsamo per lo spirito: li senti come una benedizione e cerchi di conservarne la memoria affinché il loro benefico effetto rimanga nel tempo.

Gli occhi di una persona sono il riflesso della sua anima.

E quelli di Aglaia tradiscono una interiorità ricca e profonda, placida e serena.

Mi ricordano quei laghi che trovi in montagna ad alta quota, dopo la fatica della salita: sono specchi d’acqua limpidi, luminosi, che riflettono l’azzurro del cielo in modo intenso e brillante; tuttavia, sotto la superficie placida, si cela una profondità misteriosa ed ignota.

Tu hai la fortuna di osservarli nelle belle giornate d’autunno, in cui il sole sorride solleticando appena il pelo dell’acqua: ma chissà cosa hanno visto nei giorni ventosi e gelidi d’inverno, quando il turbine incrina la superficie liscia e smuove i suoi abissi con violenza ed energia.

Chissà cosa ha patito quel lago quando la bufera soffiava forte ed i venti spazzavano la valle.

Sì, Aglaia mi ricorda quel lago: la dolcezza e la saggezza dei modi riflette, come la superficie dell’acqua, l’azzurro del cielo, ma allo stesso tempo custodisce la profondità del suo animo e la ricchezza dei suoi pensieri.

Amo la serenità che percepisci incontrandola: penso che sia un buon periodo per lei, che abbia trovato un suo equilibrio interiore, che gli regala quel senso rassicurante di benessere e di pace.  Molte cose nella sua lunga vita, dopo tanto lottare sono andate “al giusto posto”. Senti, parlando con lei, che le cose, con il trascorrere degli anni, hanno assunto una fisionomia definita e sensata, contorni nitidi. Non so quanto lei ne sia consapevole, ma, mettendo insieme i suoi racconti, il suo passato, i pezzi delle sue grandiose esperienze, comincio ad individuare la solida cornice di un progetto di vita.

Aglaia è una anziana mite e determinata: lei si definirebbe “lenta” ma la lentezza di cui parla è un dono dell’età, quel procedere attento e prudente di chi ama soppesare scelte e decisioni, di chi è abituato a tastare la terra sotto i suoi piedi prima di muovere il passo. Sì, il suo animo è pervaso dalla riflessività, da un tornare sulle cose, sul passato con meticolosa premura, affinché riprenda forma e consistenza, riviva, sotto i suoi labili occhi.

Mi piace la curiosità che colgo nelle sue parole, quel porre domande profonde mai scontate, quel suo lasciarsi interrogare da questioni e suggestioni. È bello dialogare con lei perché sai che le tue timide e giovani parole, acerbe considerazioni troveranno ascolto e accoglienza, un terreno fertile allo scambio al confronto, alla crescita.

Quello che trovo davvero affascinante è lo stupore con cui ancora guarda alla vita, quella meraviglia che solo chi ha un animo semplice sa provare davanti all’incredibile spettacolo dell’esistenza.

Aglaia è capace di stupore, di spalancare gli occhi di fronte alle esperienze, per sorprendersi della ricchezza della vita. La sento sinceramente grata e meravigliata per quanto gli accade, sorpresa che la vita a quell’età possa essere ancora così promettente… è consolante tutto questo, racconta di uno spirito nobile, roba d’altri tempi….

Ma forse il tratto che più la contraddistingue (o che forse più colpisce i miei sensi) è la limpidezza del suo sguardo: i suoi occhi esprimono una delicata trasparenza ed una pacata semplicità. E questo penso sia frutto di diversi fattori: di una innata bontà d’animo, di una pratica consolidata alla riflessione e ad una disponibilità a guardare in faccia alle cose con franchezza e senza troppi giri di parole.

Quando parlo con Aglaia durante le mie visite del lunedì pomeriggio alla nonna ho come la sensazione di avvicinarmi ad una tela impressionista ricca di colori: ci trovo macchie di ogni intensità e gradazione; scorgo i colori intensi e vivi della passione, dell’entusiasmo, del coraggio e della determinazione. Altre zone hanno gradazioni più calde ed avvolgenti, quelle della dolcezza, della pacatezza, della curiosità e del rispetto. Se sposto il mio sguardo sulla tela, non mancano anche i colori neutri del dubbio, dell’incertezza, del tentennamento, dell’indecisione e della paura. Ci sono molti colori su quella tela, così come c’è molta Vita vissuta nella sua esistenza: vita anziana ed estroversa, vita che scorre ancora spesso in modo audace e gagliardo, dall’alto dei suoi 95 anni.

Ma è quando faccio tre passi indietro ed inizio ad osservare il dipinto con un poco di prospettiva che emerge la vera meraviglia: intravedo, nonostante i contorni definiti, l’ombra di un capolavoro.

All’occhio esperto non sfugge che quella tavola di colori è ricca di identità, di esperienze e di vita.

Non sono colori gettati a caso sulla tela: lentamente intuisco come essi seguano i contorni di un disegno preciso, come guidati dalla mano di Qualcuno che su quella tela ha dipinto e sta dipingendo qualcosa di unico.

Devo però confessare che il mio sguardo, ormai da tempo, ha perso la tipica neutralità del critico d’arte, che guarda all’opera con distacco ed obiettività; il mio è, ahimè, uno sguardo di ammirazione, coinvolto, sentimentale, tipico di quegli appassionati d’arte che vibrano e si accendono di fronte al miracolo del capolavoro e del genio.

Non so… mi chiedo se, forse, è proprio grazie a questa “visione empatica” dell’altro che sono in grado di scorgere in lei, dentro quel puzzle di colori, l’affiorare di una vita lunga, ricca di senso.

Ci sono persone che attraversano la vita in punta di piedi, quasi per non dare disturbo.

Non alzano la voce, non amano le luci della ribalta, non cercano le prime file e non ambiscono ai posti di onore.  E tuttavia le trovi sempre lì, fedeli all’esistenza e a se stesse, agli altri, portando sulle spalle grandi responsabilità, senza lamentarsi, senza lagnarsi e senza alcuna titubanza.

Aglaia è una di queste…

È una persona solida, affidabile, massiccia come una roccia: non vive in balia delle correnti, non muta al cambiare dei venti; vive ancorata all’esistenza, conosce il proprio posto nella vita e a tale posto rimane fedele nel tempo. Vive una serena semplicità ti sa accogliere con un sorriso disarmante, con una disponibilità senza condizioni, con una leggerezza che non è ingenua, semmai saggia.

Il suo darsi con gratuità appare come un gesto naturale, quasi scontato, ma è frutto di una chiara scelta di vita e di una severa disciplina interiore.

La sua vita assomiglia molto a quei quadri di valore, che sai essere molti preziosi, ma che per alcuni diventano unici ed inestimabili solo dopo la morte dell’autore.

Da anziani come lei non possiamo che imparare il senso del dono, il valore della presenza, la gioia della fedeltà e la grandezza della semplicità.

Le persone che la vita ci fa incontrare lasciano il segno nel nostro animo, generano ricordi, sensazioni, sentimenti. Non vi è mai un lasciare come se nulla fosse stato, come se tutto tornasse come prima. Siamo pezzi di marmo a cui ogni incontro dona un colpo di scalpello: le persone ci modellano, ci danno forma, creano chi siamo. Ogni incontro lascia una cicatrice sulla nostra pelle, talvolta visibile, talvolta nascosta; alcune volte dolorosa, altre volte da esibire come un tatuaggio.

È in questo modo che ci addomestichiamo alla vita e finiamo per appartenere gli uni agli altri.

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