La Storia Elsa Morante
Recensioni Upsilamba

Elsa Morante – La Storia – Uno scandalo che dura da diecimila anni

Quando, come da abitudine, ho pensato di condividere con mia madre i pensieri che avevo su questo libro, con incosciente superficialità, ingiustamente ed egoisticamente ho esordito dicendo: “Mamma sto leggendo un meraviglioso libro su una donna, Ida, che durante la guerra rimane da sola con due figli, Nino e Useppe e si trova ad affrontare paure, miseria e povertà… la casa crolla sotto le bombe … lei è mezza ebrea, richiamata da un indissolubile legame di sangue alla vita del Ghetto, mentre attorno la guerra imperversa e dolore fame e distruzione assalgono, soffocando” ma già dopo il suono delle prime, poche parole mi sono arrestata, scossa e risvegliata da una tremenda e saggia consapevolezza: non è con la trama che le avrei trasmesso il valore e il peso di questo romanzo.

E impaurita, al centro di una stretta e angusta spirale che mette in evidenza piccole e avide mani che tirano disperate ogni piega del mio sbiadito vestito, per sporcare d’inchiostro ogni singolo brandello che rimane della mia sincera e consolidata ingenuità che si dibatte e si rinfrange come la luce negli occhi azzurri e sognanti di quel dolce bambino, in grado di farci credere a tutto.

… Useppe …

Mi sono sentita persa.

L’intero campo delle mie riflessioni da lettrice, in quei giorni affollati di parole, di immagini e volti doveva a Elsa più di quanto avrei saputo dire, raccontare o trasmettere. Senza saperlo ero in debito con lei per la riscoperta della letteratura come terreno giusto, praticabile e fertile sul quale mettere in gioco e a dimora le mie questioni.

Mi era chiaro, la Morante affrontava tematiche radicali, il fondamento, tutto quello che mi interessava.

Anche lei, lì tra quelle pagine dell’anno 1974 chiacchierate, discusse, accecanti, forti e robuste, di rara e toccante bellezza, per mezzo della storia, della politica, delle parole, dei sogni, della realtà, attraverso gli occhi e la voce dei personaggi, si interrogava per interrogare:

Poiché alcuni tra gli esseri umani commettono il male, l’umanità di quale pasta è fatta?

È persa o si può salvare?  

Salvare anche solo sul palcoscenico delle nostre tormentate e fragili coscienze…

E dove alligna il male? E la violenza? C’è una sostanziale differenza tra male storico e il male radicato nelle cose, nelle persone, nel tempo, nel mondo?

Cos’è la morte?

Dubbi, semplici domande che si infiammano ancora al ricordo di una immagine cruda, viva, messa in evidenza e sottolineata da una frase pregna di senso e significato su una copertina di un libro consunto, lievemente stropicciato e sbiadito dal tempo

Mi resta sdraiato a fianco, socchiuso, inerme, a guardare dispiaciuto il mio corpo che dorme rimpicciolendosi di fronte alla marea tempestosa che mi ha scaraventato addosso mentre la mia anima scalfita dalla profondità delle parole, dai gesti, scalpita nel chiede: “Lo sai cosa stai facendo? Quante ferite ed insegnamenti, vuoi ancora infliggermi tu, con quelle tue pagine bianche immacolate come lenzuola stese al sole?”

Un bambino, forse un maschio, sicuramente morto.

Sta lì fermo, immobile, riverso. Giace abbandonato, solo, su un cumulo di macerie causate dalle bombe. Intorno… la devastazione… Senza età, senza sesso, senza religione, senza rispetto.

É la guerra.

Una delle tante, troppe, che funestano il mondo in uno scandalo che dura da diecimila anni, come denuncia la frase lapidaria voluta da Elsa Morante sul frontespizio della prima edizione.

Una copertina ardita, a contrasto, intensa, impattante, che scandalizzò lo stesso editore (Einaudi) il quale fece di tutto per cambiarla, sostituendola con un’altra più edulcorata, più mansueta all’occhio delicato inespressivo e cieco della contemporaneità, quella dell’edizione attuale, che mostra un bimbo, vivo, seduto a contemplare il disastro creato dal bombardamento, la violenza umana in quella Storia, che è scritta con la maiuscola, che racconta le ingiustizie e scandalizza.

La storia è dunque un meraviglioso romanzo storico e famigliare fatto di domande, di volti, di vite che parla attraverso la prospettiva dei vinti.

Un romanzo che tra le date, gli eventi e i numeri della storia con la S maiuscola grida e si lamenta allo stesso tempo.

Un album di vecchie fotografie sbiadite, scatti strappati all’incedere del tempo, che intrappolano un’Italia in guerra sempre più polverosa, affannata, stanca, affamata popolata da uomini magri, con vestiti troppo larghi e lunghi, dallo sguardo ingenuo e gli occhi fumosi ancora pieni di speranza.

Una severa e giusta condanna alla forza del potere che muove violenza alle vite, usandole, sfruttandole abusandole.

Un potere dissennato che alimenta, difende e replica se stesso in un macinare incessante di anime.

Le pagine scorrono sotto le dita come in una pellicola in bianco e nero.

Commuovono, divertono, intimoriscono, interrogano, scuoto, risvegliano.

Tra dialetti, dialoghi accennati, sogni, animali indimenticabili, comparse e protagonisti il tempo va avanti, scorre e il contesto Romano si accende, vive, recita si racconta.

Un oceano che si muove, che ribolle, che si placa per poi risvegliarsi, si gonfia e sbatte.

È la storia di tutti questa, che è stata e che sarà.  

Si ripete ciclicamente, inarrestabile, nascita, morte e rinascita. Un tempo continuo. La grande guerra di potere, decisioni, eserciti e battaglie che investe e travolge la lotta dei singoli, ignota ai tanti, privata, intima.

Quando studiamo storia, fin dalle scuole elementari, ci troviamo difronte un lungo e sterile elenco di nomi, date, eventi

Sono i grandi, quelli che la storia l’hanno fatta, che hanno conquistato terre, avviato e risolto guerre, cambiato le sorti di una nazione o salvato vite umane grazie a qualche soluzione improvvisata e geniale.
Da Giulio Cesare a Colombo, da Luigi XVI a Cavour, nomi che impariamo a memoria, nomi che permeano le nostre menti di scolari inetti e ribelli, abitano le vie e le piazze delle nostre città, nell’immortalità donata dalle statue, dai nomi delle scuole e dalla toponomastica urbana.
Non è possibile, invece, dar voce e volto a tutte le singole vite umane che in quei periodi storici sono passate sulla terra indifferenti allo sguardo umano e scolastico.

Bambini nati e morti senza che nessuno se ne accorgesse, soldati partiti e mai tornati, morti in luoghi sconosciuti per loro e per chi li amava, semplici donne, uomini, famiglie.

I nomi dei grandi oscurano ed occultano con sadico piacere e marcato egoismo tutte quelle storie che nomi non hanno, tutte quelle vite passate per caso, come soffi di vento sul teatro del mondo affacciandosi per un battito di ciglia per poi cedere il passo allo sbocciare di un nuovo tempo, una nuova stagione.

Questa è la vita della povera gente, degli ultimi, degli umili.

Un dolore, una forza che segna e insegna.

Un male quotidiano di chi ha come colpa solo l’esser nato sotto la ferocia e l’indifferenza dello sconsiderato potere umano.

Elsa Morante lo consegna ai suoi lettori, al loro sguardo, soprattutto ai più giovani, perché non si dimentichi quante vite e volti i libri di scuola non potranno e non vorranno ricordare.

Bisogna allora aprire mente e cuore al valore di quei molti, alla consapevolezza, al ricordo di un passato che richiama il presente in un legame di sangue viscerale, indissolubile.

Questo è il volto e la forza dell’umanità, pare dirci Elsa Morante.

Una sconfinata landa di sofferenza e solitudine.

Il viso di una realtà, la verità…

Vite che forse non vedete, vite che passano nel silenzio indistinto del mondo, delle famiglie, che vengo sulla terra e se ne vanno senza che a nessuno interessi davvero.

Provate a farci caso, a osservare, a prestare attenzione, a interrogare, a lottare anche per loro.

Provate a ricordare, a non dimenticare!

Ed è con questo monito, alla luce di nuove e scottanti consapevolezze, a lettura terminata e pazientemente assimilata, che riporrò ora questo intenso spaccato di vita terrena, inascoltata e taciuta, vicino al luogo in cui tengo le letture che più mi hanno segnato, scosso, trafitto.

Letture forti, intense, pregne che sovvertono l’animo lo scompongono in piccoli e fragili frammenti di vetro per ricomporlo all’insegna di nuove e più solide convinzioni.

Lo metterò dunque lì, dove batte il mio cuore di carta, accanto alla foto di colui che è stato grande nella sua più temeraria impresa ma piccolo di fronte alla consapevolezza di star tornando il figlio inerme che non comprende perchè questo sia successo proprio a lui.

 

AUTORE: Elsa Morante

GENERE: Romanzo

EDITORE: Einaudi 2014 ( collana Super ET )

NUMERO DI PAGINE: 672

Acquistato Online

(Ricordati, se puoi, di sostenere le piccole librerie indipendenti)

 

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