Come ogni mattina sono lì, seduta distrattamente davanti alla tv, ancora assonnata, a gustare velocemente il primo pasto della giornata.
Il programma di una rete locale trasmette alcune pubblicità d’altri tempi … sorrido …
“Io di lei mi fido” diceva un figurante della pubblicità della Galbani nei famosi anni ’60 a Johnny Dorelli, che con pacata e compiaciuta fermezza rispondeva: “Calma la fiducia è una cosa seria, che si dà alle cose serie…”.
Concordo pensando a uno dei miei proverbi preferiti “Fidarsi è bene e non fidarsi è meglio”.
“Non mi fido di nessuno”.
Quante volte l’ho detto o pensato!
Io e la fiducia in fondo abbiamo un rapporto davvero pessimo. Già, perché fidarsi di qualcuno è una faccenda seria, almeno per me.
Credo di non aver mai incontrato, un paio di occhi che mi dessero sicurezza al primo incontro. Uno sguardo che comunicasse sinceramente attraverso il silenzio.
E allora diffido….
Diffido di chi è tutto parole e niente fatti.
Diffido di chi si cela, nascondendosi dietro ad un finto altruismo per meri scopi personali.
Diffido di chi predica bene e razzola male, di chi si mostra scostante ed impassibile.
Diffido di chi mente spudoratamente, di chi abusa dei punti deboli, delle fragilità altrui.
Diffido di chi non sa affrontare le diversità, di chi non conosce le scuse.
Diffido dall’assenza perché mi nutro di presenza.
Sarà per il mio innato desiderio di analizzare, capire e scoprire ma tra me e gli altri è come se ci fosse una pellicola trasparente, invisibile come una specie di protezione che condiziona, almeno in parte, i rapporti.
Le relazioni umane in fondo, se ci pensate bene, sono l’acerbo frutto di equilibri incerti, concatenazioni assurde di eventi più o meno casuali.
Mi piace pensare che le relazioni che instauriamo in questo mondo così ingestibile, caotico e complesso, siano un po’ come la ricetta di un dolce: dati gli ingredienti non è detto che il risultato sia quello atteso, progettato, sperato e tanto desiderato.
Basta un ingrediente segreto, pochi grammi appena per renderlo dolce o amaro, a cambiarne il sapore, la consistenza.
In fondo non tutte le ciambelle vengono con il buco …
Penso alla fiducia come ad un sentimento e come tale non è facile da gestire, da elaborare e da addomesticare.
Lo confesso non sono mai stata brava a nuotare nell’oceano dei sentimenti incompresi e nebbiosi… ma sono sicura che la Fiducia abbia a che fare con la Fede. Porre fiducia in ciò che ancora non c’è, è il frutto di un duro compromesso con sé stessi, con la paura, l’insicurezza. In fondo si tratta pur sempre di un fallimento che ci attende proprio lì, nascosto dietro all’angolo, pronto a tenderci uno sconsiderato sgambetto, a farci ruzzolare ancora una volta.
Mi sono fidata poche volte nella vita o forse sarebbe meglio dire che mi sono fidata il giusto.
Ho avuto una buona dose di ragione (nella quale crogiolarmi) ed ho preso strade che poi si sono rivelate tremendi sbagli.
È così che va!
La certezza non c’è e l’esperienza lascia i segni.
Ad una cosa mi sono sempre affidata: all’istinto. Il mio ha sempre guardato là dove i miei occhi o il mio cuore non sono arrivati. È sempre andato oltre.
Credo che la chiave risieda anche in questo.
Una parola…. Lieve…
Lieve come un fiocco di neve, come una carezza ad un bambino, come un bacio sfiorato, come un voile di seta, come una piuma colorata di un uccello, come un aquilone in volo.
Lieve perché spesso non lo ricordiamo, presi come siamo dalle nostre corse ed affanni quotidiani, ma il segreto che a volte dimentichiamo è tutto racchiuso lì in quelle cinque lettere l-i-e-v-e o nell’avverbio lievemente.
Procedere lievi con gli altri come la neve che si adagia sulla terra, la ricopre, la avvolge, come il filo d’erba che con resilienza si piega al vento.
Lieve vuole dire delicato, facile da sopportare, un peso leggero, agevole a farsi o a comprendere… delicatamente, dolcemente, gentilmente, soavemente, mansuetamente, mitemente.
Lievemente è dunque la parola magica che dovrebbe governare le nostre vite ed i rapporti con gli altri, nel senso di gentilezza, di empatia di sentimenti, di saper attendere il tempo giusto.
Ed è così che bisognerebbe entrare nella vita degli altri… lievemente, in punta di piedi, a passo di danza, chiedendo il permesso, in silenzio, senza fare troppo rumore, senza portare scompiglio, caos.
Entrare con grazia, la stessa che la neve stende con un velo di bellezza e leggerezza sulle cose. Parlando poco, ascoltando tanto, guardando con cura e attenzione.
Semplicemente non interferire ma relagare presenza… sempre.
Entrare muovendosi lentamente, farsi timidamente spazio, camminando tra vecchi tormenti, fragilità, paure fantasma e equilibri precari.
Senza temere porte chiuse, stanze nascoste, armadi pieni.
Senza lasciarsi ingannare da tutte quelle maschere esposte, appese in bella vista.
Entrare con la consapevolezza di poter restare, di donare senza sottrarre, di arricchire senza impoverire, di aiutare senza ignorare.
Questo per me è l’essenza della conoscenza, la porta che apre alla fiducia, il preludio dell’amicizia.