
🖤 L’esordio indimenticato: Alba de Céspedes – L’anima degli altri
A guardarla da lontano, dalla giusta distanza, a libro chiuso, parole assimilate e personalità attentamente e curiosamente indagata, scoperta, messa in luce da nostalgiche registrazioni Rai dal sapore squisitamente retrò, la vita di Alba De Cespedes ha un andamento diverso, inedito, piuttosto mosso e avventuroso, a tratti dal taglio esotico e originale, di un arazzo antico o, meglio, di una sequenza cinematografica, di un lungo film ideato e costruito con pazienza e cura, girato e montato da mani sagge, invisibili e sapienti.
Per certi versi, questa brillante scrittrice cosmopolita, raffinata e anticonformista, nata in secondo matrimonio dall’immenso amore tra un diplomatico cubano e una nobildonna romana, sembra sbocciare ed emergere dal tormentato e piatto mondo del romance da un tempo impolverato e remotissimo, irrimediabilmente perduto, che tuttavia continua ad appartenerci, ad affascinare e interrogare.
L’immagine primordiale, seme e nocciolo dell’intera sequenza di vita, è quella della scrittrice bambina dolcemente accoccolata su un piccolo divanetto color cielo vicino a una grande finestra affacciata sul giorno, colta dalla governante mentre compone una poesia, la prima.
Quei fogli lievemente ingialliti, spiegazzati, fragili e svolazzanti, macchiati di inchiostro, vergati di pensieri, parole e sentimento, repentinamente requisiti, vengono subito consegnati alle mani coscienziose del padre:
Mio padre mi disse: – Chi ha scritto questa poesia? – e io dissi: – Non lo farò mai più papà – e lui mi disse: – Pobre, pobre niña mìa […]
Credevo che mi sgridasse e invece papà ha detto: – Alba, lo farai sempre -. […] Ebbene è stato così, dopo che papà ha trovato la mia poesia, ne ho scritte tante da bambina.
È un fotogramma privato, intimo, magico, un dolce ricordo famigliare condiviso, avvolto dalla patina del tempo, nel paesaggio scintillante e fantastico dell’infanzia, soffuso di un vago sentore di prima, acerba trasgressione che appare come il sintomo di una naturale vocazione… fatale, prodigiosa ed insopprimibile, subito compresa e incoraggiata.
La pellicola lentamente poi sfuma in una dissolvenza incrociata su una figura di ragazza più grande, appena quindicenne, scappata troppo presto da una adolescenza percorsa a grandi passi e tutta d’un fiato verso l’età adulta, sugellata in uno sfortunato matrimonio.
E su questo fermo immagine, con e dentro di lei, cresce la scrittura, nascono storie intime, di donne nuove, diverse, che prendono vita, colori e forme.
Era il 1935 quando venne pubblicato “L’anima degli altri”, e la giovane Alba era una ragazza ventiquattrenne, innamorata delle parole.
Passava davanti alla tipografia del quotidiano “Il Giornale d’Italia“, di cui annusava il profumo dell’inchiostro sognando di pubblicare.
Passavo tutti i giorni davanti alla tipografia del “Il Giornale d’Italia”. Mi piaceva in modo enorme l’odore di inchiostro che emanava da quelle stanze al piano terra. Allora mi attaccavo alle sbarre delle finestre per sentirlo meglio. Mandai le mie prime novelle al giornale, proprio perché mi ero affezionata alla sua tipografia. Furono pubblicate. E fui anche pagata! E presto fui assunta come collaboratrice.
Il primo racconto lo inviò proprio a loro, firmandolo A. de Céspedes, per non svelare di essere una donna.
Una storia antica, questo occultamento della propria identità di molte nostre valenti scrittrici, ma che per lei durò lo spazio di un solo racconto, che venne poi pubblicato. Si intitola “Il Dubbio”, e possiamo leggerlo in questa raccolta, “L’anima degli altri”, con stupore: breve, essenziale, ma capace di scolpire con mano ferma quei momenti di sospensione che cambiano il corso di una vita.
Diciotto racconti nei quali ci si sente sulla pagina al posto dei protagonisti in quel gioco di specchi che, quando si parla di anime, come in questo caso è difficile da maneggiare.
Squarci di luce che illuminano esistenze in apparenza semplici arrivando a un cuore quasi sempre oscuro, inquieto.
Talvolta molto amari, i quadri raccontati, sono dipinti con mano ferma e occhio attento al dettaglio, alle sfumature di luce e colori, ai chiaroscuri del quotidiano.
Condensano in poche righe tutto il senso di un vissuto privato e minimale.
Brilla Alba de Céspedes con le sue parole.
Nell’oro del sole, d’estate, alle due del pomeriggio, anche la terra riluce. Il colore bruno si perde e sembrano sfavillare i sentieri stranamente biancastri. Tutto il giardino implora una gocciola d’acqua come una grazia, poiché anche quella quasi stagna della fontana costretta tra scogliere di tufo sembra finta, fatta di vetro di bottiglia, e lo zampillo è secco. L’ombra è ingannatrice, sembra un rifugio ed è invece traversata da riverberi abbaglianti. I vetri delle finestre della casa hanno un’aureola di splendore. I fiori boccheggiano come gli umani: i fiori semplicissimi d’agosto. Perfino le campanule hanno un colore di polvere e pendono, afflosciate, come farfalle morte. Invece queste vivono, succhiano i fiori, approfittano della loro debolezza e trovano la forza di volare. Ronzano le vespe battagliere, ostinate, insistenti, calano infine sui papaveri rossi, la corolla trema ed esse fanno l’altalena sugli steli sottilissimi. Le case sono trasparenti. Attraverso le pareti s’immaginano letti disfatti, donne discinte e uomini sudati, spoetizzanti. Le cucine attirano invece perché avanti all’acquaio le serve cantano sottovoce e lo zampillo rimbalza sul marmo e rinfresca la vista e il sangue nelle vene”.
Con uno stile lucido, netto, mai supino alle arzigogolature mentali, tra le pagine metteva in scena l’arcano rapporto tra lo scrittore, i suoi personaggi e i lettori che finiscono per immedesimarsi in loro (“Un ladro”); raccontava i turbamenti carnali e mentali dell’adolescenza maschile nei confronti del corpo femminile (“La camicia da sposa”); costruiva piccoli, geniali thriller sentimentali basati sul tradimento di coppia (“Il tempio chiuso” e “Il dubbio”); rifletteva, senza concedere troppe illusioni, su quanto sia difficile aggrapparsi alla fede quando la vita fa vedere il suo volto più crudele (“Il miracolo”).
“L’anima degli altri” è una miniera di piccoli gioielli narrativi. Come “Serenità”, storia d’amore impossibile tra due vecchi ridotti in miseria che trovano tra loro una sintonia capace di sfidare i pregiudizi degli altri. Come “La casa sul laghetto azzurro”, in cui la felicità si nutre di momenti preziosi, di piccoli gesti, ridicolizzando chi crede che l’avere conti più dell’essere. O come “Signorina Teresa”, dove la morte fa scoprire alla sorella viva e piena di sé che l’altra, la mite e scialba figura di casa ormai scomparsa, in realtà era stata protagonista di una travolgente storia d’amore. Mai confessata a nessuno.
I personaggi che affollano queste pagine sono uomini e donne comuni, colti nella loro quotidianità o in attimi di presa di coscienza (un amore finito, un figlio che se ne va, una compagna persa per sempre).
Non c’è spazio per la storia che, probabilmente, infuria al di là delle loro esistenze: sono tutti ripiegati su loro stessi, sui loro drammi e le loro speranze, su eventi che li hanno segnati e a cui non hanno ancora imparato a rinunciare.
Alba de Céspedes li ritrae con perizia e meticolosità: ne indaga le passioni taciute, i pensieri più nascosti, i sogni riposti nel cassetto e le parole che non pronuncerebbero mai ad alta voce. Tenta uno smisurato esercizio di comprensione, di empatia; scava, nell’anima degli altri, e lo fa con cura, con dedizione, con la cautela che riserveremmo a un cristallo, a un materiale fragile, delicato.
Così sono i vissuti altrui, del resto: impenetrabili, lontani, eppure così simili ai nostri nelle incomprensioni e nei momenti di disorientamento.
“Lo stile è tutto” diceva Alba de Céspedes.
“Io riscrivo i miei libri tantissime volte. Ciò che viene di getto non va mai bene, bisogna limare all’infinito”. E, se non bastasse, chiariva ulteriormente: “Per scrivere qualcosa di serio bisogna dare la vita. Perché che senso ha pavoneggiarsi per aver pubblicato un libretto, scritto in quattro e quattr’otto, un romanzetto che non resisterà più di qualche mese?”.
Ma anche la forza delle storie, che rendono questo dimenticato libro di debutto una lettura intima, psicologica, unica ed emozionante.
Perché “L’anima degli altri” parla a noi lettori del terzo millennio come se non fossero trascorsi 88 anni dalla sua prima pubblicazione.
Come se il tempo si fosse fermato, inceppato.
Ci sono volti e parole che non appartengono ad un luogo, ad un’epoca ma restano lì intrappolati nell’istante di pochi fotogrammi, nella memoria delle generazioni, nel racconto delle pagine e delle immagini e Alba appare ancora così: alta e snella, in pantaloni bianchi e camicia azzurra, una folta capigliatura a meches bionde e due grandi occhi azzurri incorniciati da un paio di occhiali. Calda, accogliente, ironica, dalle maniere sudamericane. Gesti semplici ne incorniciano la persona: un’alzata di spalle, un sorriso, un modo tutto suo di ammiccare.
Una figura che riprende voce, carattere e consistenza grazie allo scorrere delle pagine e al lavoro della casa editrice Cliquot.
Non ringrazierò mai abbastanza questa piccola ma forte realtà, scoperta recente per me, per la sua instancabile e preziosa ricerca di tesori perduti.
Cliquot è la casa editrice del recupero dei classici mancati, delle belle opere dimenticate. Manoscritti ritrovati in umide cantine, storie ripescate in polverose riviste, opere mai tradotte riportate alla luce.
Cliquot è la volpe del nostro logo, che esce dalla sua tana e va a esplorare il mondo.
Rari ed esperti pescatori di perle che, in un mare in tempesta, si tuffano in avventure spericolate e ricercando tracce, briciole di passato, indagano, scoprono, salvano parole, riportando in vita volti e capolavori della letteratura italiana dimenticati e introvabili come questo…
“L’anima degli altri” … che a guardar bene è anche un po’ la nostra…
AUTORE: Alba de Céspedes (DOCUMENTARIO RAI STORIA)
GENERE: Raccolta di racconti
EDITORE: Cliquot 2022
NUMERO DI PAGINE: 134
NOTIZIE: L’anima degli altri è una raccolta di racconti pubblicata nel 1935, quando l’autrice aveva solo 24 anni, e che non era stata mai ripubblicata finora, malgrado il valore indiscusso in campo intellettuale che de Céspedes si ritagliò con coraggio, fatica e grande talento, sia con le sue opere che con l’attività in campo politico-social-culturale.
Ottantotto lunghi anni di oblio, per “L’anima degli altri”, che introduce il pensiero e la visione future di de Céspedes, contenendo il suo modo di riflettere e vivere il ruolo delle donne nella nostra storia.
(Ricordati, se puoi, di sostenere le piccole librerie indipendenti)
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Grazie Cristina per questa recensione..non l’ho ancora letto spero di farlo presto…adesso sto iniziando “dalla parte di lei”❤️
Grazie per aver lasciato un commento!
Lo apprezzo molto❤️
“Dalla parte ti lei” mi attende nella liberia di casa e presto arriverà anche il suo momento!
Ho apprezzato particolamente la scrittura di Alba de Céspedes e grazie a Cliquot e Mondadori (di recente) abbiamo oggi la possibilità di riscoprirla dopo anni di oblio.
Non mi resta che augurarti buona lettura!