Un'idea dell'India- Alberto Moravia vs L'odore dell'India - Pier Paolo Pasolini
RECENSIONI

Un’idea dell’India – Alberto Moravia vs L’odore dell’India – Pier Paolo Pasolini

Libri per viaggiare: ne esistono di altri tipi?

Ogni libro è un viaggio e, anche se l’affermazione può sembrarvi retorica sono profondamente convinta del potere delle parole e delle immagini-sogno che esse suscitano.

A lungo in questi mesi, grazie ai libri e alla fantasia, ho viaggiato. Senza muovermi dalla mia comoda e consunta poltrona, ho conosciuto la storia, sono salita su treni sgangherati, ho navigato, come provetto marinaro, tra burrasche e fortunali, incontrato generazioni di famiglie, visitato città e luoghi favolosi, dove l’inconsueto, per non dire il bizzarro, era spesso e volentieri di casa.

Instancabile e con i bagagli sempre a portata di mano questa estate mi sono ritrovata a vagare per l’India, la terra che da mondo e mondo non smette di suggestionare, di accorciare il fiato, di sedurre il cuore.

Un mosaico immenso, una scacchiera misteriosa su cui brulica una umanità spirituale ricca di contrasti, di voci, di retaggi. Un paese complesso e sfaccettato, pronto a snodarsi davanti al nostro sguardo con i colori vivi di un libro preziosamente miniato dove il chiaroscuro, il giorno e la notte dominano con encomiabile puntualità le pagine.

Cristoforo Colombo aspirava a raggiungerla, Marco Polo ne rimase stupito delle ricchezze, Kipling l’ha descritta nei suoi romanzi e Salgari vi ha ambientato le sue avventure. L’India è per l’Occidente l’emblema del luogo mitico, fiabesco, affascinante nei suoi molteplici misteri. La letteratura, in ogni secolo, non poteva che essere attratta dal richiamo di questa terra e un culmine particolarmente significativo è dato dagli anni 60 del secolo appena concluso.

I libri per viaggiare in India me li sono trovati casualmente tra le mani.

Uno mi è stato caldamente suggerito “Kim” (Kipling), due sono stati letti per un percorso universitario: “Il dio delle piccole Cose” (Arundhati Roy) e “Notturno Indiano” (Antonio Tabucchi). Uno è in lettura: “I figli della mezzanotte” (Salman Rushdie). E due sono stati una scelta necessaria, consapevole, per mettere dei puntini di sospensione a un viaggio letterario appena iniziato: “Un’idea dell’India” (Moravia) e “L’odore dell’india” (Pasolini).

Sono gli anni Sessanta e il viaggio meditativo, spirituale in India è un tour quasi obbligato per gli hippie, i musicisti e gli intellettuali, anche per l’attrazione che esercita il primo ministro indiano Nehru, considerato l’erede spirituale di Ghandi.

È nel 1961 che il Corriere della Sera e il Giorno inviano in India due prodige della letteratura per una serie di articoli sulla cultura indiana, Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, che partono dall’Italia con un programma studiato nei dettagli da un navigato e attento Moravia e poi raggiunti da Elsa Morante.

“Che ti è accaduto in India?” / “Ho fatto un’esperienza”

Il tour attraversa il Paese per un mese e mezzo, da sud a nord e poi da ovest a est, con tappe principali a Bombay, Aurangabad, Delhi, Agra, Gwalior, Khajuraho, Allhabad, Benares, Calcutta, Madras, Tanjore, Madurai, Cochin. Poi nuovamente Bombay e un passaggio in Kenya.

Di quel viaggio restano due meravigliosi reportage dell’India: nel 1962 vengono pubblicati “Un’idea dell’India” e “L’odore dell’India”.

È già dai titoli che si percepisce tutta la differenza tra le esperienze intime dei due famosi scrittori del ‘900: Moravia e la sua “idea”, Pasolini e “l’odore”.

Oggettività da una parte, intimismo dall’altra. Lucidità e obiettività contro umanità e passione.

Moravia è razionale, argomentativo, mentale: tra le tante idee che si possono avere o su cui si può discutere, si è obbligati a sceglierne una, una soltanto perché l’India è un microcosmo impossibile da esaurire e restituire in poco tempo e in poche pagine. Pasolini, invece, fa riferimento nel suo titolo ad un’esperienza più intima, sensoriale, personale e sentimentale: e l’articolo determinativo vuole indicare quell’odore specifico dell’India, quell’odore di incenso, miseria e sporcizia che solo in India si può trovare.

Per Moravia non è la prima volta: in India c’era già stato di passaggio verso la Cina nel 1937. Nel suo racconto del viaggio emerge con prepotenza lo scrittore de Gli Indifferenti”, il romanzo-manifesto di esordio scritto a soli 19 anni. Descrive la realtà così come è. E con uno stile documentarista, scientifico: osserva, ma non giudica. Razionale e analitico, non nomina mai i suoi compagni d’avventura.

Moravia segue sempre una linea ben definita: parte dall’esperienza diretta, con indicazioni turistico – intellettuali utili al lettore interessato alla regione indiana. La sua riflessione tocca diversi punti: i magnifici templi per arrivare a parlare del politeismo; la povertà, di cui individua le cause nel sistema delle caste, nella superstizione, nella dominazione inglese, nella situazione geofisica, nel concetto d’impurità.

Ma dietro alle idee, al rigore e al giusto grado di distacco la fisicità del lungo viaggio indiano si riesce sempre a toccare con mano.

Significativa tappa è l’incontro con il Pandit Nehru, il primo ministro indiano, incontro che colpisce molto Moravia:

“La fronte è alta, serena, armoniosa; gli occhi, molto scuri, hanno uno sguardo inquieto, acuto, ambiguo; la bocca ha un’espressione al tempo stesso benevola, annoiata e dura”

Ma prima dell’incontro con Nehru, Moravia ha parlato dei roghi di Benares. Le pire funerarie della città sacra che tanta liricità e emozione destano nello scritto di Pasolini sono per Moravia lo spunto per parlare della concezione della vita nella società indiana.

Moravia, da giornalista documentarista, non si lascia quasi mai coinvolgere, diagnosticando con distacco ciò che vede, non si lascia emozionare troppo dai corpi che bruciano e riesce a descriverli con grande distanza e professionalità.  

Al contrario del suo collega, Pasolini era completamente “vergine” di rapporti umani con l’India.

Pasolini, scopre l’india per la prima volta con gli occhi curiosi e meravigliati di un bambino.

È un turbinio di emozioni inarrestabili: la sua è una cronaca di percezioni, la scoperta della sua anima inquieta.

“Sono le prime ore della mia presenza in India, e io non so dominare la bestia assetata chiusa dentro di me, come in una gabbia (…). Attimo per attimo c’è un odore, un colore, un senso che è l’India: ogni fatto più insignificante ha un peso d’intollerabile novità”.

Pasolini traccia una sorta di panorama geografico e sociologico del grande paese che visita.

Aneddoti e racconti permeano ed investono la sua scrittura poetica e la guidano. A differenza di Moravia, quella di Pasolini, è una scrittura indubbiamente più emotivamente coinvolta, timidamente autobiografica guidata da un senso di empatia verso la popolazione indiana, sempre disponibile.

Disponibilità che Pasolini associa all’influenza della religione Indù. Ed è proprio questo l’aspetto che colpisce maggiormente lo scrittore: più della sporcizia, della povertà e del caos – che pur vi sono – è il sorriso degli indiani, il loro essere docili, gli sguardi ridenti.

E alla fine è questa l’immagine dell’India che Pasolini traccia, restituendola con chiarezza al lettore.

Nella sua continua ed instancabile ricerca di materiale umano, memorabili saranno le sue passeggiate notturne.

“Torniamo a Chattarpur che annotta. Io spero in una di quelle mie belle serate, in cui, mentre Moravia se ne va a dormire, io vado in giro, perdutamente solo, come un segugio dietro le peste dell’odore dell’India”

Pasolini si sofferma molto sull’aspetto umano dell’india, sulle persone, numerosi sono i ritratti, che diventano spunti per le sue riflessioni sulla religione, sulla morte, la cultura, la borghesia, l’ideale di bellezza indiano, gli intellettuali.

Uno degli incontri più intensi è quello con Madre Teresa di Calcutta, di cui traccia un tragico ma stupendo ritratto.

Dal testo traspare il suo spirito artistico fine e sensibile, che lo rende attento alle piccole cose, ai gesti semplici, ai dettagli della quotidianità.

Pasolini non ha paura di confrontarsi direttamente con l’umanità di mendicanti che gli si parano davanti, a perdersi tra di loro, a incontrare i loro volti. Quello che cerca è proprio il confronto, il gusto dell’ignoto, la forza dell’unicità che si può celare dietro ogni contatto umano occasionale.

L’impressione che traspare più spesso dalle pagine è l’impotenza. Rimane colpito dall’assoluta disponibilità delle persone, che associa all’influsso della religione Indù e che gli indiani sintetizzano in un tipico cenno con la testa, un gesto di assenso e di disponibilità.

Da questo sentimento interiore scaturisce l’episodio forse più forte, commovente e narrativo del libro, ovvero la storia di Revi.

“Io avevo voglia di stare solo, perché soltanto solo, sperduto, muto, a piedi, riesco a riconoscere le cose”

Così passeggiando incontra un mite orfanello con cui passa la giornata.

“Eravamo ormai alla fine del nostro viaggio in India ed eravamo mezzo dissanguati dalla pena e dalla pietà. Revi mi faceva più pena degli altri. Decisi che dovevo tentare qualcosa: era assurdo, ma non potevo farne a meno. Moravia con la sua esperienza resa asciutta e priva di ogni sentimentalismo dal suo fondo romano e cattolico, mi consigliava virilmente di seguire le ragioni della mia coscienza. Elsa, invece, aggressiva e dolce, mi si volle unire, attratta dall’assurdo”.

Diversi eppure complementari …. universale contro particolare, continuo contro discreto, Pasolini racconta aneddoti, Moravia, nel migliore dei casi, emblemi.

Gli scritti di Moravia e Pasolini sull’India ci permettono di comprendere il significato che questo Paese ha incarnato nelle menti dei due letterati-viaggiatori. Il consiglio è di leggerli: si tratta di grandi prove letterarie che ci forniscono una testimonianza inedita sul continente indiano, mostrandoci tutte le infinite declinazioni del viaggio.

L’idea accarezza la mente, l’odore stuzzica il corpo.

Vanno letti entrambi per poi scoprire alla fine che queste due immagini possono essere sovrapposte

La passione li porterà su strade diverse, ma in fondo simili. L’Africa per Moravia, le borgate romane e la ricerca della purezza nelle società del Terzo Mondo per Pasolini.

Altre storie, altri viaggi.

 

TITOLO:  Un’idea dell’India

AUTORE: Alberto Moravia

GENERE: Reportage di viaggio

EDITORE: Bompiani 2000 (collana tascabili, saggi)

NUMERO DI PAGINE: 138

Acquistato Online

 

 

 

TITOLO: L’odore dell’India

AUTORE: Pier Paolo Pasolini

GENERE: Letteratura di viaggio, Biografia

EDITORE: Garzanti 2015 (collana Gli Elefanti)

NUMERO DI PAGINE: 135

Acquistato Online

 

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